Città dei 15 minuti: futuro più umano o rischio emarginazione?

L’urbanista Carlos Moreno ha teorizzato il modello che potrebbe cambiare la mobilità. Le capitali europee cercano di adottarlo, ma esiste qualche perplessità…

Nel 2016 l’urbanista franco-colombiano Carlos Moreno fu il primo a proporre l’idea della “Città dei 15 minuti”, la teoria secondo cui un modello urbanistico ideale è quello che consente a ogni cittadino di raggiungere i servizi essenziali con uno spostamento che duri al massimo un quarto d’ora. Per qualche anno il concetto è rimasto interno agli ambienti accademici, anche se dopo i lockdown, che hanno limitato gli spostamenti e obbligato a rivedere il nostro approccio alla mobilità, è diventato di attualità anche per l’opinione pubblica. Soprattutto dopo che nel 2020 Anne Hidalgo, sindaca di Parigi, ha incluso la teoria di Moreno nel proprio programma elettorale, ispirando i sindaci di altre città europee, come Giuseppe Sala a Milano e soprattutto Roberto Gualtieri e il Comune di Roma, che ha previsto uno specifico assessorato ai Servizi al Territorio per la Città dei 15 minuti.

L’urbanista franco-colombiano Carlos Moreno

Un’idea non nuova…

In realtà, l’idea di una città accessibile e pensata per offrire i servizi essenziali in ogni zona è molto precedente alla teorizzazione di Moreno. Già nell’800, a Barcellona, il piano di Ildefons Cerdà avviò un programma di riforma ed espansione della città catalana, prevedendo una struttura “a griglia” che consentisse a ogni abitazione luce naturale e ventilazione per migliorare le condizioni igienico-sanitarie e, in chiave “smart mobility” ante litteram, un’alternanza tra “vias” (spazi pubblici per spostarsi e incontrarsi) e “intervias”, cortili interni tra più edifici. Qualche anno più tardi, nel 1923, si fece largo in un concorso di architettura a Chicago il concetto di neighborhood unit, ossia “unità di vicinato”, occasione per riflettere sul possibile sviluppo armonico delle grandi metropoli industriali. “È tempo di passare dalla pianificazione urbanistica alla pianificazione della vita urbana. Questo significa trasformare lo spazio della città, ancora altamente mono-funzionale con le sue diverse aree specializzate, in una realtà policentrica, basata su quattro componenti principali: vicinanza, diversità, densità e ubiquità”, spiega il professor Moreno sul proprio sito. “Dobbiamo essere creativi e immaginare, proporre e costruire un altro ritmo di vita, altri modi di occupare lo spazio urbano per trasformarne l’uso”. Il Dipartimento Decentramento, Servizi Delegati e Città in 15 minuti del Comune di Roma descrive quella dei 15 minuti come “la città della contemporaneità, una visione di città policentrica, accessibile e sostenibile, nella quale i cittadini possano trovare ad una distanza massima di 15 minuti, a piedi e in bicicletta, la disponibilità di una vasta rete di servizi di prossimità: aree verdi, fermate del trasporto pubblico su rotaia, asili nido, centri culturali, luoghi dello sport e altri presidi fondamentali”. Un approccio nuovo, che sfrutta i lati positivi del decentramento, valorizzando ogni quadrante del territorio comunale. E che tuttavia lascia anche qualche perplessità e ha perfino alimentato teorie del complotto. Ad Oxford il Comune ha adottato un piano basato proprio sul modello della Città dei 15 minuti, che ha provocato manifestazioni a cui hanno partecipato migliaia di persone per protestare contro una strategia considerata volta al controllo dei cittadini.

Aspetti positivi

Concepire le città del futuro come organismi costituiti da unità autonome, in cui abitare, lavorare, fare acquisti e nelle quali passare anche il tempo libero ha vantaggi evidenti. Il ritmo della giornata diventa più “umano”, perché le distanze sono molto più brevi e percorribili con mezzi di mobilità dolce o direttamente, se possibile, a piedi. In questo modo, ogni quartiere verrebbe dotato di ogni servizio, visto che il presupposto della Città dei 15 minuti è che tutto sia realmente a portata di mano. A dirla tutta, il tipo di città appena descritto è già molto diffuso in Europa e particolarmente in Italia (pensiamo a Bologna), a differenza degli Stati Uniti, dove gli spazi sono molto più ampi ed è necessario percorrere molti chilometri in auto da una parte all’altra della città per raggiungere servizi anche essenziali.

Aspetti negativi

D’altra parte, aspetti negativi e critiche alla teoria di Moreno non mancano. È utopistico pensare che, in una città, per quanto avanzata, ci sia una qualità omogenea dei servizi offerti (educazione, divertimenti, sanità, ecc…). Di fatto, i cittadini dei quartieri più indietro sul versante servizi rischierebbero un effetto “ghetto”, vittime di una sorta di emarginazione urbana. Per questo, la visione della Città dei 15 minuti dovrebbe essere la direttrice per pensare a un innalzamento dei servizi offerti nei quartieri delle grandi città e, in parallelo, forme più sostenibili di mobilità, senza rinunciare a mettere in connessione le diverse aree di una metropoli. In altre parole, l’accesso a ogni servizio nel raggio massimo di 15 minuti di percorrenza dovrebbe essere una libera scelta per effettuare spostamenti più efficienti e ragionati, ma non per forza la regola.